“Dannazione! Ma possibile che ogni volta deve finire così?” – pensò sbattendo la porta dietro di sé.
“Io non la sopporto più! Né lei, né la sua lingua lunga!” – scese le scale di casa con passo nervoso.
“E non le va mai bene nulla! E questo non si fa così, e quello non è colì, sbagli a dire questo, sbagli a pensar quello. Ma che diavolo ne sa? Sempre a pontificare su tutto!” – per quella volta non prese la macchina ma preferì fare una passeggiata a piedi con l’intento di calmarsi, purtroppo senza successo. Non aveva molte commissioni da fare, doveva semplicemente andare a comprare il pane per il pranzo.
“Questa volta non vado dal panettiere che vuole lei, ne provo un altro. Qualcosa da ridire? Uscisse lei a comprare il pane la prossima volta.” – la camminata non sortiva gli effetti sperati, anche a causa delle strade strette e del traffico di quell’ora. Quando ad un certo punto si imbatté in una vetrina con utensili appesi sopra dei libri veri e di legno, un orologio, un cestino ed una bottiglia nera.
Leggermente confuso, poiché sovrappensiero, si affacciò all’interno e vide un banco-frigo con sopra dei barattoli trasparenti con fiocchetti a trama scozzese e coperchio rosso intenso. Il riflesso di pani e friselle su specchi in alto gli fece intuire che si trattava di un panificio.
“Se c’è gente dentro significa che non è male. Ora mi siedo.” Si posò su delle sedie di legno in attesa del suo turno ed incominciò a leggere le etichette sui barattoli.
“Renardini? Mi sembrano tarallini. Ci sono tanti tipi, che bell’aspetto. Carte, Fiammiferi…sembra quasi che il panificio mi stia suggerendo di dar fuoco a quella strega di mia suocera.” – i nomi simpatici destarono curiosità, e giunto il proprio turno si rivolse ad una commessa per avere altre spiegazioni.
Durante il piccolo viaggio nei meandri del bancone, una smorfia di dolore comparve sul suo volto allarmando la gentile guida.
“Non si preoccupi, è solo un fischio alle orecchie. È sicuramente quella lingua biforcuta di mia suocera che sta sparlando di me!”
“Capita a fagiolo, visto che questi biscotti qui si chiamano proprio Lingue di Suocera!”
“Devono essere terribili!”
“Invece piacciono molto: da un lato sono coperti di cioccolato mentre la farina di mandorle amalgama il tutto, proprio come le parole di una suocera che spesso suonano amare ma infondo nascondono la dolcezza dell’amore verso i propri figli e i loro coniugi!”
“Beh, ora voglio assaggiare!” – prese il biscotto nero e bianco e lo assaggiò, il sole squarciò il cielo grigio, cori angelici intonarono lodi, la commessa brillò di luce propria, e la rabbia si tramutò in tenerezza.
“Ne voglio una fornitura annuale, ma per ora mi accontento di una busta.”
Uscì dal panificio con una nuova speranza nel cuore e la consapevolezza di aver trovato un eccellente rimedio oltre ad un regalo conciliatore.
Alessio Mastronodato
non tutte 'le lingue di suocera' vengono per nuocere